JAZZ LIFE – Japan

JAZZ LIFE – Japan

17 dicembre 2008 / Nessun commento

PIANIST INTERVIEW: ANDREA PAGANI

Ciao Andrea, puoi fare un profilo di te stesso?

Sono una persona affascinata dalla bellezza e dall’ arte, ed il mio modo di esprimermi è la musica. Cerco sempre di trasformare in musica i miei sogni, le mie emozioni e tutto ciò che mi colpisce nella vita. Il pianoforte è l’ amico di tutti i giorni, finora non mi ha mai tradito, ma bisogna rispettarlo profondamente. Così come la musica, che oltre ad essere un piacere è anche un mestiere, e va affrontato col massimo impegno.
Ho iniziato a suonare tardi, e forse proprio per questo mi ci sono buttato dentro con entusiasmo, cercando di recuperare il tempo perduto. Se dovessi dire come e perché ho iniziato, non saprei rispondere.Nessuno della mia famiglia aveva a che fare con la musica , Sarà stata una nota caduta dal cielo una notte, chissà…

Quali sono state le tue influenze musicali, i tuoi backgrounds?

All’inizio ascoltavo la musica leggera italiana, i cantautori, e suonavo con i miei amici le canzoni che ci piacevano di più. Anche il rock, i Beatles, i Doors, ma non ho mai avuto una grande cultura rock… Poi, grazie ad un amico di mio zio scoprii il jazz. Iniziai a comprare i dischi di Monk, Bill Evans, Oscar Peterson, Duke Ellington, e poi il bebop, Parker, Gillespie, Davis. Oggi, dopo tanti anni devo dire che iniziai bene, perché i miei preferiti sono rimasti più o meno quelli.

Ho sempre cercato di ascoltare tanta musica e vari generi, e questo alla fine è stato un vantaggio. Anche il Funky, il Blues, il Soul, la Disco music. Non mi sono mai fossilizzato sul Jazz, e anche oggi quando suono non penso a suonare Jazz, suono e basta. Suono quello che mi salta fuori al momento, sennò che improvvisazione è?? Però ho un grande rispetto per la composizione e per gli arrangiamenti, là dove non c’è improvvisazione.

Parlaci dei musicisti di questo album.

In questo disco il mio trio si è avvalso di una nuova collaborazione, ed è diventato un “quartetto”. L’idea è stata del mio produttore Makoto Kimata, che voleva rendere omaggio alle musiche di Puccini con un sound delicato, che potesse ricordare il “Modern Jazz Quartet”. Così ho chiamato il giovane vibrafonista italiano Marco Pacassoni. Non lo conoscevo, ma ho sentito delle cose suonate da lui e mi sono fidato del mio istinto. Sono rimasto molto soddisfatto, abbiamo legato subito umanamente e musicalmente, e la sua freschezza e vivacità musicale ha dato un bel sostegno al mio lavoro. Ha suonato anche la marimba, dando un sapore latino ad alcuni brani. Gli altri due miei compagni di viaggio, Massimo Moriconi e Alfredo Romeo, sono ormai una stabilità ed insieme escono sempre cose interessanti. Massimo ha un esperienza immensa, ha suonato con i più grandi Jazzisti del mondo ed è il bassista di Mina dal 1982. Suonare con lui è una continua scoperta, ha un inventiva ed una gioiosità che lo rendono unico. Si diverte molto e ha ancora la curiosità di chi affronta percorsi nuovi e vuole sempre mettersi in gioco. Alfredo è sempre stato il batterista del trio, ha molta sensibilità per la musica e riesce ad interpretare e a colorare bene le atmosfere che ho in mente.

Quest’album celebra il 150esimo anniversario della nascita di Puccini: cosa rappresenta per te Puccini? Inoltre, parlaci del concept di quest’ album.

Puccini è senza dubbio un innovatore dell’ opera italiana, un po’ il “Charlie Parker” del melodramma. Ha introdotto nuovi elementi , nuove sonorità, dando ancora più importanza alla musica rispetto alla parte recitata. Inoltre ha dato un’ universalità ai suoi lavori, attingendo ad influenze musicali di vari paesi, dove ha anche ambientato le sue opere, come il Giappone, la Cina, l’America. Il suo pregio era anche la sua comunicatività e la sua attualità, che lo fecero diventare famoso in tutto il mondo. E poi aveva una grande inventiva melodica.

Io ho approfondito la sua conoscenza proprio nel preparare questo disco, è stata una “full immersion”. All’ inizio l’idea di trasformare Puccini in Jazz mi sembrava veramente difficile e devo dire che è stato impegnativo. Ma fortunatamente le idee sono arrivate. La mia scommessa era quella di mettere un po’ di swing ,di blues e di latin nella sua musica, rendendolo “jazzistico” in tutti i sensi. Il difficile è stato dargli una quadratura e un senso armonico jazz, perché le sue arie spesso hanno una struttura irregolare, con molti cambi di tempo e pause che spezzano il ritmo. Ho un po’ stravolto i suoi brani, senza però cambiare mai la melodia. C’è anche dell’ umorismo, spero che gli appassionati della lirica non si arrabbino troppo… in fondo è una rivisitazione personale. Io mi auguro che possa piacere a tutti!

Cosa c’è di nuovo in quest’album rispetto ai tuoi dischi precedenti?

Rispetto agli altri dischi, è la prima volta che mi trovo ad affrontare le musiche di un unico autore. E’ stimolante, ma è anche più complicato, perché bisogna evitare ripetizioni e rendere vario uno stesso stile compositivo. Io sono fissato sulla varietà, in ogni brano cerco sempre di avere un’idea che lo rappresenti, diversa dalle altre, altrimenti la ripetizione annoia, e poi è anche inutile. L’ altra novità è stata lavorare con il vibrafono. Ho cercato soluzioni semplici, senza complicare troppo gli incastri armonici col pianoforte, usandolo spesso come strumento solista. Però c’è anche l’”interplay” nelle improvvisazioni, affidato all’ispirazione del momento.

Io penso che questo disco abbia un sound particolare rispetto ai precedenti, molto omogeneo, elegante e caldo.

Parlaci delle tue composizioni originali in quest’ album.

Ho inserito nel disco due mie composizioni recenti, in linea con il mondo pucciniano, in particolare il lato romantico e quello misterioso. Nel brano in trio, che in origine avevo chiamato “Moonlight sand” , la melodia è molto limpida e rasserenante, come il suono del mare al chiaro di luna.E’ il ricordo di un momento molto bello e intenso, passato sulla spiaggia di notte. Il secondo, in quartetto, è invece un brano più enigmatico, onirico, un mistero che non si risolve,neanche col finire della notte. E’ basato su armonie diminuite e sovrapposte e lo immagino come un sogno pieno di fantasmi dell’ anima.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Puoi mandare un messaggio ed un saluto ai tuoi fans Giapponesi?

Sto lavorando da un po’ di tempo ad un nuovo disco che produrrò io. Sarà un ritorno al mio amore per il Soul Jazz, il Funky e il Blues, un po’ alla maniera del grande Horace Silver, ma con mie composizioni e arrangiamenti. Sarà quasi sicuramente in quintetto, con ritmica, sax e tromba e darò sfogo al mio lato “bluesy” cercando di fare un prodotto semplice ed incisivo, che faccia muovere il corpo, prima della mente.

Naturalmente spero di continuare sempre a lavorare sul progetto giapponese, che si sta rivelando molto stimolante ed interessante. Ho in cantiere altri arrangiamenti jazz sull’ opera italiana e spero di poter dare un seguito a questo genere, con altri autori.

Mi auguro che il pubblico giapponese possa apprezzare il mio lavoro su Puccini, come già ha apprezzato “Le storie d’amore”, riconoscendosi nel mio stile musicale e soprattutto rilassandosi, divertendosi, e sognando un pò… Alla fine la musica è ancora magìa.